Consorzi di Bonifica Veneto

Da Rete Comitati Veneto.
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I consorzi di Bonifica nel Veneto

La storia dei Consorzi tratta da Unione Veneta Bonifiche (UVB)

Opere fondamentali di bonifica in Italia certamente risalgono alle civiltà preromane. Non sono pensabili senza di esse gli stanziamenti greci nei territori tirrenici e ionici del continente meridionale e della Sicilia, fiorenti già nell’ottavo secolo a.C.; e, nei medesimi tempi, la potenza etrusca nel Lazio, in Toscana e nella valle del Po. Poi l’opera di Roma di cui restano non poche vestigia: le sue strade, i suoi acquedotti, i suoi canali per prosciugare, fognare, irrigare; soprattutto la sua inconfondibile opera di colonizzazione.

Ma – mentre non è da dimenticare che, nel periodo più fiorente di Roma, la popolazione d’Italia non superò probabilmente i 10-12 milioni – ricordiamo che già prima della fine della Repubblica Romana erano in decadimento i territori greci ed etruschi, con pianure litoranee invase da paludismo e malaria; che dopo l’età augustea tutta la penisola entrò in un periodo di decadimento economico, di concentramento della proprietà terriera, di impoverimento demografico; che poi dalla fine del terzo secolo d.C. si accelerò quel processo caratterizzato dall’abbandono di terre già coltivate, dall’estensione di vegetazione incolta (boschi, pascoli), dal disordine delle acque, dal flagello malarico, dalle rovine di città e dei loro scambi con le campagne; insomma dal ripreso dominio della natura sull’opera dell’uomo volta a imbrigliarla e piegarla ai suoi bisogni.

Alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente – nel quinto o sesto secolo – l’Italia non contava probabilmente più di 5 o 6 milioni di abitanti.

In questo periodo di incertezza la popolazione più debole accorreva presso i grandi proprietari che, data la debolezza dell’autorità centrale, garantivano non solo le produzioni agricole, ma anche le elementari produzioni artigianali.

Nonostante questo, solo una parte delle terre del grande dominio fondiario era sottoposta a coltura: il resto era lasciato incolto, per uso comune di legna e pascolo da parte della popolazione.

Nei vastissimi patrimoni di chiese e monasteri si andò sviluppando un profondo rivolgimento del regime fondiario; gran parte della proprietà era frazionatamente concessa a contadini e tale concessione era regolata da svariati tipi di rapporti, ma tutti, più o meno, prevedenti l’obbligo del miglioramento della terra e la possibilità del godimento come diritto ereditabile ed alienabile.

A questo processo storico si affiancò il ripopolarsi di molte città ed il rifiorire di attività commerciali e artigiane: anche la terra ridiventò oggetto di commercio e, quindi, si risvegliò l’interesse al dissodamento che fu compiuto, in primo luogo, dai contadini che coltivarono e migliorarono le loro piccole terre con le modeste opere alla loro portata.

Non mancarono anche iniziative maggiori da parte di monasteri, vescovi, papi: S. Benedetto aveva insegnato “Ora et labora”.

Ricordiamo che a questo periodo risalgono, da parte dei monasteri benedettini, le prime opere di difesa idraulica in quel vastissimo territorio di paludi – o di lagune che interrandosi, diventavano paludi – che costituisce oggi la bassa Valle Padana; le iniziative papali prese per migliorare l’agro romano, dominato anch’esso da paludi e malaria.

L’attività bonificatrice – se da parte dei contadini era sempre prevalentemente rivolta a dissodare e piantare terre incolte – si estende talora da parte dei monasteri a maggiori opere idrauliche, per difesa dalle acque, per prosciugamento, per irrigazione.

Per fare alcuni esempi, l’utilizzazione irrigua nel XII sec., della Vettabbia di Milano, forse antico acquedotto romano, da parte dei monaci cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle, fu notevole; i monaci di Nonatola, di S. Benedetto in Polirone, di Pomposa, di S. Vitale, innalzarono argini, costruirono canali, prosciugarono terre e le ridussero a coltura.

Queste opere favorirono un processo di rifioritura commerciale che prese forza a poco a poco fino a sfociare nell’età comunale.

I Comuni videro nell’uso e nel miglioramento della terra la possibilità di maggiori produzioni nel contado e diedero quindi largo contributo alle opere di bonifica, anche perché alcune di esse si tramutarono in opere redditizie con la vendita dell’acqua.

Gli statuti dei grandi Comuni e delle Comunità rurali (organi pubblici e collettivi interessati al riscatto della terra) contengono numerosi capitoli riguardanti la regolazione e derivazione delle acque, la costruzione e manutenzione degli argini, dei ponti, delle strade, dei canali di prosciugamento o di irrigazione; essi rivelano altresì il nascere o rinascere di tutta una serie di norme volte a regolare i rapporti fra i singoli nell’opera di conquista, difesa, godimento delle terre e delle acque; a dare ad essa impulso, coordinamento, integrazione.

E’ in questi tempi che sorgono i Consorzi, originariamente libere associazioni di proprietari per l’esecuzione e la manutenzione in comune di opere di bonifica, che poi i Comuni agevolarono, regolando le derivazioni d’acqua dai fiumi e le servitù di acquedotto ed irrigue; rendendo i Consorzi, sotto determinate condizioni e limiti, obbligatori; codificando infine il principio della partecipazione alle spese in ragione dell’interesse alle opere.

L’economia raggiunse nel ’400 un relativo apice di ricchezza, in virtù soprattutto dei commerci mondiali, con una popolazione di 11-12 milioni di abitanti; poi – per molte cause, fra le quali fondamentale lo spostarsi del centro della vita economica mondiale dal Mediterraneo all’Atlantico – nel ’500 ristagnò e nel ’600 decadde; alla fine del ’600, la popolazione non era maggiore che nel ’400.

Molte terre – nella Lombardia, nel Veneto, in Toscana – passarono in proprietà degli arricchiti dei traffici: non ne nacque una vera e propria borghesia agricola, per la loro tendenza ad una vita piuttosto di reddituari, ma vi fu maggiore afflusso di capitale alla campagna. Opere di miglioramento fondiario, per iniziativa di grandi e piccoli proprietari, si estesero: soprattutto vasti dissodamenti di terre collinari e nuove piantagioni, con diffusione, in particolare, di gelsi-bachicoltura: è in questi secoli che assume grande sviluppo l’industria della seta.

Nella bassa Valle Padana e nel Veneto, questo è un periodo di grandi iniziative, seguite a quelle dei Comuni, così per difesa e bonifica idraulica delle terre come per navigazione interna (allora più importante di oggi per la deficiente rete stradale): ad esse largamente parteciparono a nord del Po la Repubblica Veneta, e a sud gli Estensi ed il governo pontificio ad essi succeduto.

Possiamo ricordare che estremamente minaccioso era il regime idraulico, per il continuo spostarsi e innalzarsi dei letti dei fiumi alpini ed appenninici, attraverso un territorio ancora in gran parte paludoso e, per così dire, in via di formazione. Fu veramente un’opera titanica, volta a regolare l’assetto idraulico del territorio e conquistarlo alla coltura, quella effettuata dalla Repubblica Veneta.

La lotta si svolse su due fronti:

  • da una parte, contro l’interramento della laguna dovuto allo sbocco di vari fiumi, per l’efficienza del porto;
  • dall’altra, per la conquista delle terre emergenti dalle paludi, colmate dalle torbide fluviali; conquista da difendere quotidianamente contro gli alvei che divagavano nelle loro alluvioni, che rialzavano il loro letto, e quindi, minacciavano gli argini costruiti a difesa e respingevano affluenti che altrimenti potevano trovarvi recapito; tutto ciò alla ricerca di terre per coltivare il grano che non riusciva più ad arrivare via mare o che costava moltissimo proveniente dall’Europa via terra.

Strumento di questa politica idraulica fu, fra il XVI ed il XVIII secolo, il Magistrato alle Acque, costituito da un Collegio Consultivo – in cui erano chiamati anche i maggiori idraulici delle altre parti d’Italia – e dai Savi sopra le acque, con funzioni esecutive, mentre al Senato erano sempre riservate le maggiori deliberazioni.

Il Magistrato godeva di una larga autonomia, anche finanziaria, essendogli assegnato il gettito di determinate imposte, mentre a necessità straordinarie provvedeva coi cosiddetti “campatici”, contributi sui terreni bonificati.

Le opere idrauliche mirarono essenzialmente alla difesa della laguna, distogliendone le acque torbide, con diversione dei fiumi al mare (Brenta, Bacchiglione, Sile, ecc.) o con loro rettificazioni, per diminuire gli interramenti (Po, Adige, Piave, ecc.).

Non meno notevole fu l’azione del Provveditorato sui beni inculti, il quale aveva il compito di disporre per la bonifica delle terre incolte e per l’utilizzazione delle acque.

“Quando un’opera era ritenuta dai Provveditori necessaria, e la proposta veniva approvata dal Senato, essi dovevano sorvegliare sull’effettiva sua attuazione. L’esecuzione delle opere poteva avvenire in due modi: o veniva assunta direttamente dallo Stato, oppure poteva venire affidata ai privati proprietari, riuniti volontariamente od obbligatoriamente in Consorzi. Nei due casi i Provveditori avevano compiti diversi: ma sempre essi dovevano sorvegliare perché l’opera fosse portata a termine. Nel primo caso ai Provveditori spettava la sorveglianza generale amministrativa e tecnica dell’opera: essi dovevano nominare i periti tecnici e gli ingegneri; esaminare i disegni ed i progetti; compiere opportuni sopralluoghi; preventivare la spesa e procurare i fondi necessari; disporre sul modo di espropriazione dei beni dei privati o sulla partecipazione all’opera compiuta, e decidere in ogni altra questione che si fosse presentata. Dovevano cioè essere, …, i dirigenti delle opere da compiere, e perciò essi potevano dettare disposizioni, contrarre prestiti, imporre pene… ai contravventori di loro ordini ed a quelli che si rendessero in qualsiasi modo colpevoli riguardo al retratto da compiere. Nel caso invece di opere compiute dai Consorzi, spettava ai Provveditori la sorveglianza sull’opera da questi Enti compiuta … per garantire così, anche in questo caso, allo Stato l’attuazione delle opere.”

Il sistema di gran lunga prevalente fu quello a mezzo di Consorzi. I Consorzi per retratti (di bonifica) furono preceduti da quelli di difesa e riparo dei fiumi, con prevalenti compiti di manutenzione e contribuenza, collegati col Magistrato alle acque; sicuramente il loro sviluppo è dovuto all’istituzione del Provveditorato dei Beni inculti del quale essi erano organi.

La loro partecipazione all’attività bonificatrice avveniva generalmente così: riconosciuta un’opera di bonifica utile allo Stato, e come tale da questo approvata, i proprietari interessati erano invitati a costituirsi in Consorzio per provvedere alla sua esecuzione: se essi, almeno per la maggior parte, non consentivano, il Consorzio era obbligatoriamente costituito per ordine della Repubblica, ove questa non ritenesse più opportuno eseguire direttamente l’opera. Anche in quest’ultimo e più raro caso, sorgevano poi Consorzi di manutenzione e contribuenza.

Poteva avvenire che il Consorzio si costituisse per iniziativa puramente volontaria degli interessati: ma anche allora, esso doveva esser autorizzato dalla Repubblica e sottoporsi a vigilanza statale (approvazione di statuti, ecc.); insomma, già i Consorzi di allora avevano natura di persone giuridiche di carattere pubblico, esecutrici di opere ritenute funzioni dello Stato.

Alla esecuzione delle opere i Consorzi provvedevano, sotto stretto controllo dello Stato, con mezzi finanziari tratti dai contributi consortili (campatici), che erano ripartiti fra i singoli proprietari in ragione del beneficio ricevuto.

A testimonianza della vastità dell’opera di bonifica veneta è il numero dei Consorzi, che crebbe fino al ’700 superando quello dei Consorzi di difesa idraulica.

Pure gli Estensi, nel periodo che va dal ’200 al ’500, legarono il loro nome alla storia della bonifica con:

  • i tentativi di mantenere efficiente il ramo del Po di Volano per la navigazione;
  • la costruzione del Cavo del Duca per il prosciugamento delle valli e di un canale di irrigazione dall’Enza;
  • la generale bonificazione, in parte attuata ed in parte no, del Polesine di Ferrara, di quello di S. Giorgio, ecc.:
  • la bonifica del territorio fra Enza e Secchia, conosciuta sotto il nome di Cornelio Bentivoglio;
  • la bonifica del territorio fra Secchia e Panaro, anche se radicalmente risanata solo con Napoleone.

Notevole fu, dove erano state eseguite opere di sistemazione idraulica, il formarsi di enti o di organi speciali per la loro manutenzione; avevano autorità di imporre contributi a beneficio della bonifica ed esercitavano funzioni di polizia idraulica. Taluni di essi sono giunti fino all’ ’800.

Nella ripartizione dei tributi si teneva già conto non solo dell’estensione dei terreni, ma anche della posizione, della difesa richiesta e del più o meno facile scolo.

Nel periodo illuminista e preunitario, l’esecuzione di opere pubbliche fu volta essenzialmente al fine, non tanto di una diretta produzione, quanto di render più adatto l’ambiente all’attività privata, per la nuova concezione che voleva lasciare la libera iniziativa agli individui, singoli o associati.

Le opere realizzate furono quelle volte a porre rimedio al disordine delle acque, a difesa contro piene ed inondazioni, per prosciugamento di terreni paludosi o deficienti di scolo.

In questo tempo la parola bonifica restringe il suo significato a prosciugamento di terreni paludosi o deficienti di scolo, e quindi, in questo più limitato senso di bonifica idraulica, ebbe solo dalla prima metà dell’ ’800 una sua disciplina legislativa che prese ispirazione da quella francese.

Le basi erano queste: iniziativa dello Stato; spesa a carico dei proprietari; esecuzione da parte dei medesimi, con obbligo alle minoranze dissenzienti di parteciparvi o lasciarsi espropriare; l’esecuzione poteva essere assunta anche dallo Stato, più spesso a mezzo di concessionari, cui spettava una quota della plusvalenza, che i proprietari corrispondevano o in terra bonificata o in moneta o in rendita perpetua. La manutenzione delle opere era a carico dei proprietari, riuniti in Consorzi.

Nell’ultimo secolo della sua esistenza, la Repubblica Veneta cercò compenso alla rovina dei commerci nel miglioramento delle sue terre.

Completata, fra il 1740 e il 1790, la difesa della laguna coi murazzi, essa continuò assiduamente, a mezzo del Magistrato alle acque, l’opera di difesa e regolazione idraulica; diede impulso a bonifiche idrauliche nelle valli veronesi, nelle paludi del montagnese, nel Polesine di Rovigo, nel territorio trevigiano (regolazione del Sile), nel Friuli.

Riforme della legislazione civile, promossero l’attività privata di miglioramento fondiario ed agrario, assecondata dallo Stato, che nel 1760 istituì allo scopo una nuova Deputazione dell’agricoltura.

Detta attività continuò, più o meno intensamente, anche dopo la caduta della Repubblica: particolarmente notevole l’opera dei numerosi consorzi di bonifica, i quali, potendo valersi intorno alla metà dell’ ’800 anche di nuovi ritrovati meccanici (pompa idrovora), avviarono un’opera di bonificamento veramente cospicua.

Si segnalano altresì speciali provvedimenti dell’Austria, con speciale concorso finanziario dello Stato, per la bonifica del grande comprensorio delle valli veronesi.

Anche nel Veneto, come in altre regioni d’Italia, gravi furono le rovine dei boschi, in gran parte comunali: molti, nel XVIII secolo e prima, gli sforzi dello Stato per meglio difenderli, ma, pare, con risultati scarsi.

Da tutto ciò discende che diversi Stati preunitari avevano regolamentato l’attività di bonifica riconoscendole un pubblico interesse.

La prima legge sulle opere pubbliche di competenza dello Stato promulgata dal Regno d’Italia nel 1865 non comprese le opere di bonifica, rimandando esplicitamente la questione ad una legge speciale.

Tuttavia, negli anni seguenti furono promulgate diverse leggi per il proseguimento di opere di bonifica intraprese dagli Stati preunitari.

La prima legge organica sulla bonifica vide la luce nel 1882. Si trattò di una “legge speciale” in quanto non applicabile a tutti i territori del Regno, ma soltanto a quelli inseriti nei “comprensori” delimitati con decreto reale. In questa legge, la bonifica fu concepita come strumento di risanamento igienico soprattutto per la lotta contro la malaria e perciò ne riconosceva la competenza allo Stato. Il miglioramento agricolo e lo sviluppo economico dei territori interessati furono considerati, ma solo come sussidiari. Considerati gli interessi “locali” della bonifica, la spesa per la realizzazione delle opere principali non veniva assunta interamente dallo Stato (che partecipava col 50% della spesa), ma anche dagli Enti Locali (Province e Comuni, col 25%) e dai proprietari degli immobili situati nel comprensorio (25%). Per le opere minori il carico della spesa gravava per il 70% sui privati.

Questa legge ebbe il merito di considerare la bonifica come attività di pubblico interesse, e quindi di competenza dello Stato. Ma la sua visione fu quella del risanamento idraulico dei territori piuttosto che quella dello sviluppo economico degli stessi, nonostante che la legge sull’Agro Romano (1878) avesse collegato alla bonifica il miglioramento agricolo, aprendo così la strada ad uno sviluppo economico complessivo.

Nel 1900 fu promulgato un nuovo Testo Unico della bonifica che coordinò la precedente legislazione, modificò la contribuenza per la realizzazione delle opere (60% Stato, 10% Provincia, 10% Comuni, 20% privati; anticipazione della spesa da parte dello Stato con rimborsi in rate senza interessi da 5 a 30 anni) e l’istituto della concessione per la realizzazione delle opere (introdotto nel 1886 a favore dei Consorzi concepiti come organi di decentramento funzionale dello Stato sia per la progettazione e l’esecuzione delle opere, che per la raccolta dei contributi dei privati) estendendolo anche a Comuni e Province. Il regolamento di questa legge (n. 368 dell’8 maggio 1904) è tutt’ora in vigore e, fra l’altro, regola tutte le norme di presidio e manutenzione delle opere.

Intanto prendeva corpo il concetto che la bonifica di un territorio non potesse realizzarsi soltanto con opere idrauliche e stradali, ma si dovesse proiettare verso una nuova vivificazione del territorio che non poteva che iniziare da una valorizzazione agricola dello stesso.

Prendeva corpo, cioè, il concetto di “bonifica integrale”.

A questa evoluzione di pensiero si conformano alcune leggi che introducono nuovi principi basilari che poi trovano un’organica esposizione nel T.U. sulla bonificazione delle paludi e dei terreni paludosi del 1923, che sanziona il concetto che “la bonificazione idraulica di un dato territorio deve essere integrata da quella agricola a carico dei proprietari dei terreni bonificati” (art. 110). Questa legge modifica di poco i criteri di contribuenza per la realizzazione delle opere pubbliche di bonifica, ma ne estende la tipologia.

E’ importante notare che nello stesso giorno di promulgazione di questa legge, vede la luce anche il T.U. sui boschi e sui terreni montani per il loro riassetto idraulico e forestale ed il miglioramento produttivo attraverso il sistema dei miglioramenti fondiari agricoli.

Sempre sullo stesso filone ideologico, nel 1924 viene promulgata la legge che reca “provvedimenti per le trasformazioni fondiarie di pubblico interesse”, che svincola il concetto di bonifica agraria da quello di risanamento idraulico e rende possibile l’esecuzione di opere di competenza dello Stato in comprensori la cui trasformazione fondiaria possa consentire l’incremento della produzione agricola.

Intanto viene dato un forte impulso alla realizzazione di opere di bonifica e, considerato il prevalente interesse del settore agricolo alla iniziale valorizzazione dei territori bonificati, tutte le competenze della bonifica vengono trasferite dal Ministero dei Lavori Pubblici a quello dell’Agricoltura, presso il quale, nel 1929, viene istituito un “Sottosegretariato di Stato per la bonifica integrale”.

Si arriva così al T.U. del 1933, tuttora in vigore.

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Il Consorzio di bonifica è un ente di diritto pubblico che cura l'esercizio e la manutenzione delle opere pubbliche di bonifica e controlla l'attività dei privati, sul territorio di competenza (comprensorio di bonifica). Opere di questo genere riguardano, ad esempio, la sicurezza idraulica (impianti idrovori, canali di bonifica), la gestione delle acque destinate all'irrigazione (impianti e reti irrigue), la partecipazione ad opere urbanistiche, ma anche la tutela del patrimonio ambientale e agricolo.

Essendo un consorzio, questo ente è amministrato da consorziati che sono i proprietari degli immobili (terreni, abitazioni, fabbricati in genere...) compresi nella zona di competenza dell'ente stesso. I consorziati sostengono la spesa per la manutenzione e l'esercizio delle opere di bonifica tramite degli specifici tributi ( contributi di bonifica) proporzionali al beneficio che ne deriva agli immobili di proprietà, riscossi coattivamente dal Consorzio di bonifica tramite cartelle esattoriali, che variano a seconda dell'entità degli interventi, secondo quanto previsto da specifiche leggi regionali. I consorziati eleggono inoltre i rappresentanti (tutti proprietari di immobili dell'area di bonifica) di un consiglio di amministrazione che a sua volta elegge un presidente. I Consorzi di bonifica realizzano anche nuove opere di bonifica, in genere con fondi statali o regionali.

I consorzi di bonifica erano già previsti nel regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 di approvazione del regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi, tuttora in vigore in alcune parti (polizia di bonifica). Il regio decreto 13 febbraio 1933 n. 215 che reca nuove norme per la bonifica integrale e approva il testo unico, contiene le norme statali di riferimento per le Regioni alle quali oggi compete la disciplina normativa della materia.

COS'E' UN CONSORZIO

Il Consorzio di Bonifica è un ente pubblico economico. Esso costituisce l'associazione obbligatoria dei proprietari degli immobili, ubicati nel proprio comprensorio, per l'attuazione e la gestione di interventi pubblici e privati nel settore delle opere idrauliche e irrigue. Per la sua competenza tecnica e per la sua caratteristica istituzionale di rappresentività diretta dei beneficiari dell'attività di bonifica, è un organismo in grado di proporre i più appropiati interventi per la difesa e la conservazione del territorio, basandosi su analisi obiettive di costi e di risultati.
Il Consorzio si sostiene attraverso i contributi consortili versati, in diversa misura, dai proprietari degli immobili, terreni e fabbricati, ricadenti nel Comprensorio di Bonifica.


FUNZIONI E COMPITI

Le sue funzioni principali sono quelle di:

  • progettare, eseguire e gestire le opere di competenza per la bonifica, lo scolo delle acque e per l'irrigazione;
  • partecipare alla eleborazione dei piani territoriali e urbanistici, nonchè a quelli di difesa dell'ambiente contro gli inquinamenti;
  • concorrere alla realizzazione delle attività di difesa del suolo, di gestione della risorsa idrica e di tutela dei connessi aspetti ambientali;
  • contribuire all'azione pubblica di tutela delle acque destinate all'irrigazione e di quelle defluenti nella rete di bonifica.
  • predisporre il Piano Generale di Bonifica e di Tutela del Territorio Rurale, uno strumento di pianificazione della Regione che detta norme in ordine alle azioni per l’individuazione e la progettazione delle opere pubbliche di bonifica ed irrigazione, nonché delle altre opere necessarie alla tutela e valorizzazione del territorio rurale, ivi compresa la tutela delle risorse idriche.


Il Consorzio ha la responsabilità della corretta regolazione delle acque irrigue e dei corsi d’acqua per lo scolo delle acque piovane.
L’incessante attività svolta costituisce la principale e fondamentale garanzia per lo sviluppo socio-economico del territorio e per la salvaguardia del prezioso patrimonio naturalistico.
La corretta manutenzione delle opere e delle reti di bonifica è indispensabile per garantire un soddisfacente grado di sicurezza idraulica.
Senza la necessaria cura dei corsi d’acqua si avrebbero allagamenti disastrosi per le campagne e i centri abitati. La ridottissima pendenza dei terreni della nostra pianura, infatti, non permetterebbe un agevole e naturale deflusso delle acque piovane specie durante le precipitazioni particolarmente intense. E’ proprio in occasione di questi eventi che si può apprezzare l’importanza della corretta e continua manutenzione delle reti idrauliche.
Di pari importanza è l’azione rivolta alla migliore utilizzazione della risorsa idrica a fini irrigui.
Nell’alta e media pianura veronese dove le caratteristiche dei suoli non permettono l’immagazzinamento dell’acqua piovana negli strati superficiali del terreno, risulta indispensabile garantire l’apporto di risorsa idrica con idonee canalizzazioni e tubazioni. In questi territori l’attività del Consorzio è principalmente volta alla gestione di strutture irrigue ad uso collettivo, in alcuni casi veri e propri acquedotti che consentono l’apporto idrico in zone altrimenti destinate a sterilità quasi assoluta.
Le complesse funzioni del Consorzio di Bonifica vengono svolte da personale altamente qualificato dotato di esperienza e conoscenze tramandate nel corso degli anni.
Ogni territorio ha una propria storia fatta di vicende passate che raccontano di immani sacrifici di uomini e di comunità, che con intelligenza e ingegno hanno determinato le basi delle attuali condizioni di benessere.
Ne sono esempi concreti le epopee vissute nelle paludi delle Valli Grandi Veronesi ed Ostigliesi e negli aridi territori dell’Agro Veronese.


MANUTENZIONE DEL TERRITORIO

La continua attività di gestione e manutenzione del sistema idraulico di bonifica costituisce il principale e fondamentale servizio pubblico teso a garantire l'esistenza stessa degli insediamenti civili e produttivi e lo sviluppo dei diversi interessi economici e sociali.L'opera di bonifica comprende anche la gestione delle acque per l'irrigazione dei terreni, necessaria al miglioramento quantitativo e qualitativo delle produzioni agricole.
Questa attività permette l'acquisizione di fondamentali vantaggi anche sotto l'aspetto ambientale: il rimpinguamento delle falde e la vivificazione dei corsi d'acqua. Assicurare corpi d'acqua vivi nei canali, attraverso la continua opera di alimentazione, costituisce un aspetto fondamentale per l'ambiente.


SERVIZI IDRAULICI DEL CONSORZIO E SERVIZI DI FOGNATURA E DEPURAZIONE

Sono due tipi di servizi diversi e distinti.
Il primo è reso dal Consorzio mentre il secondo è fornito dal Comune o dall'Ente gestore del sistema fognario. I canali e gli impianti di bonifica raccolgono e allontanano le acque piovane e le acque di scarico terminale delle reti fognarie (in alcuni casi direttamente, in altri dopo i trattamenti negli appositi impianti). Il servizio di fognatura e di depurazione riguarda, invece, il collettamento degli scarichi, urbani e industriali, all'impianto di depurazione.


RIPARTIZIONE DEGLI ONERI

I contributi a carico dei proprietari beneficiari dell'attività del Consorzio sono necessari per far fronte alle spese di gestione, manutenzione e sorveglianza delle opere e degli impianti. Le spese vengono ripartite fra i Consorziati in relazione al beneficio derivato, ai vari immobili, dalle opere e dalle attività di bonifica, sulla base di appositi Piani di Classifica approvati dalla Regione. I Piani di Classifica definiscono e quantificano il beneficio a favore degli immobili serviti e garantiscono un equo e corretto esercizio del potere impositivo del Consorzio.

Legislazione e normative


Legislazione e Normativa


L. R. N 12 -2009
Nuove norme per la bonifica e tutela del territorio.


L.R. n. 9 del 1983
Nuove disposizioni per l'organizzazione della bonifica.

D.G.R. N. 1344-2007
Canoni del demanio idrico. Disposizioni concernenti i canoni demaniali per l'anno 2008.

D.LGS. N. 152-1999
Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente in trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agricole.

LEGGE N. 36-1994
Disposizioni in materia di risorse idriche (legge "Galli").

LEGGE N. 183-1989
Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo.

L.R. N. 3-1976
Riordinamento dei Consorzi di bonifica e determinazione dei relativi comprensori.

R.D. N. 215-1933
Testo delle norme sulla bonifica integrale.

R.D. N. 368-1904
Disposizioni legislative per la conservazione e la polizia delle opere di bonifica e loro pertinenze.

D.G.R. N. 1640-2006
Canoni del demanio idrico. Disposizioni concernenti i canoni demaniali per l'anno 2007.

D.G.R. N. 3632-2005
Aggiornamento dei canoni delle concessioni di derivazione d'acqua per l'anno 2006.

D.G.R. N. 1895 - 2003
L.R. 13.04.2001 - n. 11 - Art. 83.
Determinazione dei canoni del demanio idrico per l'anno 2004.

D.G.R. N. 1997 - 2004
L.R. 13.04.2001 - n. 11 - Art. 83.
Modifiche al tariffario dei canoni delle concessioni del demanio idrico di cui alla DGR N. 1985 del 24.06.2003.

D.G.R. N.3260 - 2002
Individuazione della rete idrografica principale di pianura ed avvio delle procedure per l'individuazione della rete idrografica minore ai fini dell'affidamento delle relative funzioni amministrative e di gestione ai Consorzi di Bonifica.


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