Documento di sintesi gruppo Terra

Da Rete Comitati Veneto.

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a cura di Carlo Costantini.  Luisa Calimani, Maria Rosa Vittadini, Franco Zecchinato

Il Veneto che proponiamo è radicalmente diverso da quello realizzato e ancora una volta riproposto, senza sostanziali differenze, dal sistema politico di maggioranza e di (debole quando non collusiva) opposizione e che ha avuto la sua traduzione nel nuovo PTRC. Adottato nel 2009 e riadottato nel 2013, ancora una volta senza una reale valenza di piano paesaggistico, i suoi elementi basilari sono da un lato un sistema della mobilità e dei trasporti finalizzato ad alimentare la rete di nuove autostrade, passanti, complanari, ecc. a pedaggio , dall’altro le nuove espansioni urbane (i vari “poli” del terziario più o meno avanzato da localizzare in corrispondenza dei caselli mediante i c.d. “progetti strategici” a regia regionale e, nel contempo, le ulteriori “villettopoli” nei PAT).
Al sistema di mobilità delle persone e del trasporto delle merci incentrato sui mezzi privati su gomma, è possibile contrapporre un modello più articolato e sostanzialmente diverso, più simile a quelli dei paesi europei più avanzati, privilegiando il trasporto pubblico, il SMFR , le ferrovie e le “vie del mare”. Ad un modello trasportistico di questa natura è necessariamente connesso un diverso modello di città e di territorio: dalla città diffusa , informe , priva di identità, senza limiti né confini tra le aree urbane e quelle periurbane , alla città ricompattata , riconoscibile, in cui non è più l’edificato che si sfrangia e si diffonde nella campagna ma è il sistema del verde agricolo (rete , nuclei e corridoi ecologici) che penetra nella città, collegandosi alle aree verdi urbane (parchi, giardini, viali alberati, ma anche sistemi di orti urbani )

URBANISTICA E CONSUMO DI SUOLO

La recente forte crescita di suolo consumato, con la conseguente impermeabilizzazione dei terreni e l'impossibilità della terra di assorbire l'acqua piovana, ha comportato distruzione di sistemi idrogeologici, dissesti, perdita di paesaggio.
E' stato costruito il triplo di quanto fosse necessario. Eppure si costruisce ancora, anche in una Regione come il Veneto, che con la Lombardia è la più cementificata d'Italia.
Il rapporto fra dissesto idrogeologico e consumo di suolo è sempre più evidente e preoccupante.
L'abnorme quantità di costruito non ha dato però risposte al problema sociale della casa. E' ormai acclarato che non c'è nessun rapporto fra produzione edilizia e fabbisogno, e questo è dimostrato anche dalla presenza di 400.000 case vuote. Speculazione edilizia, rendita urbana, corruzione negli appalti, riciclaggio del denaro sporco, sono i motori che promuovono l'ulteriore consumo di suolo e la privatizzazione della città. La crisi dell'edilizia e la condizione dell'habitat umano impongono un radicale cambiamento fondato sulla rigenerazione dell'edilizia esistente senza consumo di suolo, la realizzazione di opere realmente utili, la costruzione della città pubblica con spazi verdi e servizi, edilizia sociale. Una città dei diritti di tutti che estrometta i germi della corruzione e che offra periferie sicure, sostenibili, sane e città in cui la dimensione umana sia il fulcro delle politiche di governo del territorio.
L'attuale modello di sviluppo si sconfigge solo con la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e con una cultura alternativa alla cultura neoliberista che riduce gli spazi democratici.

Quindi, DICIAMO:

NO al project financing divoratore di denaro pubblico e produttore di tangenti

NO a Piani Casa che danno possibilità edificatorie senza regole

NO alle grandi opere che sottraggono denaro alla riqualificazione urbana, alla cura del territorio e alle opere urgenti per la vita e la salute della gente

NO al ddl del Ministro Lupi, che affida ai privati, sottraendola agli Amministratori locali, le scelte sulle trasformazioni urbane. Anche se è di livello nazionale, a questo pericoloso disegno di privatizzazione della città si deve opporre tutta l'Italia!

NO alla perequazione che “inventa” aree perequate per divorare terreni ancora liberi. Infido strumento per barattare consumo di suolo e metri cubi con la cessione al Comune di servizi o aree verdi, sottraendole all'agricoltura.

NO alla rendita urbana che è la matrice dei guasti del territorio. Ci sono strumenti per evitarla, che se applicati, frenerebbero la rincorsa al consumo di suolo. Se il differenziale dei valori viene quantificato e restituito alla collettività sotto forma di servizi o di contributo straordinario, perde l'interesse economico alle operazioni immobiliari speculative (come avviene in altri paesi europei).

NO all’abbandono e alla vendita di case ERP in presenza di decine di migliaia di domande inevase, di famiglie che non sono in grado di pagare un affitto a libero mercato o sfrattate per morosità incolpevole

NO alla vendita ai privati del patrimonio di Beni Pubblici demaniali (caserme, spiagge,..) che appartengono alla collettività

NO a nuovi centri commerciali e poli come Veneto City, Tessera, ecc.

E DICIAMO:

SI agli Ecoquartieri, per riqualificare le periferie favorendo l'integrazione sociale e la rigenerazione urbana

SI alla riqualificazione dei centri storici e sostegno ai piccoli e medi negozi di vicinato

SI ad un forte rilancio degli investimenti pubblici per il recupero del vasto patrimonio di ERP

SI ad un premio annuale per i comuni che riducono la superficie impermeabile nel loro territorio

SI all'uso delle risorse europee destinate, non alle grandi infrastrutture, ma alle opere di prevenzione,
cura, risanamento, messa in sicurezza del territorio anche fuori dal Patto di Stabilità,

SI alla perequazione virtuosa che nei processi di trasformazione urbana recuperi tutte le aree destinate a Standard nei PRG o nei PAT vigenti

SI a Varianti ai PRG o PAT che eliminino tutte le residue capacità edificatorie in aree libere in tutti i Comuni del Veneto, perchè solo la buona pianificazione può frenare l'impermeabilizzazione della terra.

SI ad una Legge Regionale che con un articolo unico blocchi immediatamente l'ulteriore consumo di suolo

Si ad un PIANO DEL VERDE per aumentare l'ossigeno dell'aria, la permeabilità del suolo, le funzioniaggregative e sociali, la bellezza delle città, le pratiche di agricoltura biologica e di orticoltura s ociale nei centri urbani e per creare una cintura di contenimento al tessuto edificato

Si a leggi e regolamenti che impediscano l'abbattimento ingiustificato degli alberi.

MOBILITA': OPERE SBAGLIATE E PROPOSTE ALTERNATIVE

Lo straordinario numero e la portata delle grandi opere infrastrutturali proposte o in corso di realizzazione nella Regione Veneto deve far riflettere.  Appare infatti chiaro che la gran parte di tali opere non nasce dalla necessità di servire il territorio veneto, che non è meno infrastrutturato delle altre regioni italiane, ma dalla volontà di prolungare all’infinito la durata delle concessioni  e dall'intreccio tra politica e interessi privati per un uso delle risorse pubbliche mirato alla conservazione dei propri affari e del proprio potere.
Tali obiettivi,  presenti anche in molte altre regioni,  trovano in Veneto un terreno straordinariamente fertile che cementa interessi locali e interessi nazionali. Ne sono coinvolti  settori tradizionali, come il campo delle concessioni autostradali, e settori nuovi, come le opere basate sul project financing che riguardano, oltre alle infrastrutture di trasporto,  ospedali, servizi e impianti del ciclo delle acque e dei rifiuti e molte altre categorie di opere e servizi  pubblici. Compresi quelli, assai lucrosi,  che hanno a che fare con la salvaguardia di Venezia. Non può essere altrimenti spiegata  l’ostinazione a voler realizzare opere di così grave impatto ambientale e di così dubbia utilità come il Mose oppure lo scavo del Canale Contorta finalizzato a far arrivare le grandi navi a Venezia: una soluzione che spezza l’unitarietà della laguna attraverso l’allargamento e l’arginamento del canale dei petroli da Malamocco fino alla Marittima.
Per tacere dell’ Alta Velocità ferroviaria da Verona a Trieste che provocherà danni  a Vicenza, dove la collocazione della stazione in periferia annulla il vantaggio competitivo della ferrovia nell’accessibilità urbana, ma in compenso apre la strada a lucrose speculazioni immobiliari.
Ulteriori gravi danni si prospettano nel raccordo Mestre- Aeroporto di Tessera dove ancora non appaiono superati il rischio della galleria in gronda lagunare e, nel proseguimento verso Trieste, l’estesa compromissione delle fragili aree agricole della bonifica settecentesca e ottocentesca. Una compromissione aggravata dal fatto che si tratta di un’opera sostanzialmente inutile, dal momento che un intelligente adeguamento della linea attuale sarebbe perfettamente in grado di rispondere alla domanda e alle sue prospettive di crescita.   
Restando all’affollatissimo  comparto autostradale val la pena di richiamare  la sciagurata impostazione autostradale della Pedemontana veneta, la autostradalizzazione della Orte-Mestre, il proseguimento della Valdastico a Nord e a Sud, il proseguimento della Autostrada di Alemagna (A27) la terza corsia della Mestre-Trieste, la Nogara Mare, la nuova Strada del mare per i vacanzieri della domenica diretti a Jesolo, e così via.
 L’aggressività  delle concessionarie autostradali non è cosa nuova; anzi è stata il segno distintivo della politica dei trasporti nazionale a partire dagli anni cinquanta.
Tuttavia oggi la situazione è molto diversa. Il deciso rallentamento della crescita della mobilità stradale delle persone e delle merci verificatosi nell’ultimo decennio non dipende solo dalla crisi economica: dipende dal cambiamento dell’economia, dei consumi, degli stili di vita, dalla necessità di tener conto sul serio del contesto ambientale. I tassi di crescita della mobilità si sono dimezzati rispetto al decennio precedente e in un paese normale le nuove condizioni obbligherebbero a ripensare la politica dei trasporti, a dare nuovo impulso alle politiche di riequilibrio modale di cui si parla da decenni,  a togliere di mezzo molte opere inutili. In Italia la nuova situazione è diventata invece ragione di delega totale della politica infrastrutturale a capitali finanziari in cerca di collocazioni profittevoli e prive di rischio. Una delega nella quale lo Stato e le Regioni hanno dismesso ogni parvenza di programmazione limitandosi a legittimare l’iniziativa privata e a finanziare le opere. La scoperta delle connivenze e del malaffare paradossalmente ha avuto come unica conseguenza di rafforzare e accelerare la realizzazione delle opere stesse, come nel caso del Mose.
In questo difficile contesto, per andare verso il Veneto che vogliamo non possiamo limitarci a giocare di rimessa, ma dobbiamo costruire una nuova visione delle cose da fare che sia convincente non solo per noi. Occorre produrre una nuova adeguata lettura delle necessità e dei problemi e quindi anche delle possibili soluzioni e delle trasformazioni necessarie. Per costruire un tale quadro di riferimento dovremmo iniziare dalla organizzazione di gruppi locali di lavoro su temi non settoriali e costruire il quadro dei problemi, delle risorse, dei valori, delle potenzialità. Così da elaborare proposte condivise di politica di tutela e valorizzazione di quelle risorse.  
Le principali questioni da promuovere o da combattere relative alle infrastrutture e alle grandi opere possono essere sintetizzate, in termini di SI e di NO, nella maniera seguente:

  • SI  all’impegno per la riforma della Legge Obiettivo e la ripresa della programmazione in capo all’Amministrazione pubblica, così da impedire il proliferare delle irresponsabili iniziative di project financing permesse dalla normativa attuale;
  • SI ad una riforma del processo decisionale nel quale le opere non solo devono essere programmate e decise dalla Amministrazione pubblica, ma devono nascere da un serio processo di partecipazione delle collettività locali anche attraverso l’ introduzione del Débat public alla francese per la scelta e la elaborazione di progetti condivisi, capaci di rispondere alle esigenze dei territori che attraversano.
  • SI ad una impostazione delle decisioni in materia di infrastrutture stradali e ferroviarie che nasca dal censimento delle condizioni di manutenzione, sicurezza, capacità di assorbimento dei flussi effettivi di traffico, da attuare  attraverso un piano–programma di  interventi di adeguamento del sistema, a partire dagli assi di medio e grande traffico.
  • SI alla massima utilizzazione delle reti infrastrutturali esistenti, anche attraverso la loro rifunzionalizzazione tecnologica, e alla loro massima integrazione prima di realizzare opere nuove.
  • SI a politiche urbane e territoriali di riduzione della dipendenza degli insediamenti dalla mobilità automobilistica. Si tratta di sviluppare una nuova concezione urbanistica a maggiore densità e continuità degli insediamenti, capace di favorire il ruolo centrale del trasporto pubblico e un esteso ricorso alla mobilità non motorizzata dei pedoni e delle biciclette. Nelle aree esterne l’integrazione tra gli assi forti del trasporto pubblico dei bus e delle ferrovie con le rete stradale deve consentire di minimizzare i percorsi in automobile.
  • SI alla sperimentazione  realmente partecipata di quartieri eco-sostenibili nei quali si coniugano uso di energie rinnovabili, compensazione delle emissioni di CO2, prevalenza di mobilità pedonale e ciclistica, centralità del trasporto pubblico, permeabilità dei suoli, sicurezza idraulica, equilibrio ecologico e continuità della rete delle aree verdi  urbane e periurbane.
  • SI alla progressiva trasformazione dell’auto da “bene privato” a “servizio” attraverso la diffusione e l’innovazione tecnologica nelle formule di car sharing, car pooling;
  • SI ad un deciso trasferimento del trasporto delle merci dalla strada alla ferrovia, così da conseguire l’obiettivo europeo di trasportare su ferrovia tutte le merci che percorrono più di 300 km entro il 2020.
  • NO al project financing all’italiana di infrastrutture e di servizi, che autorizza le più azzardate avventure senza rischio per i proponenti e con rilevante danno per gli utenti e per la finanza pubblica
  • NO alle grandi opere nell’agenda regionale (PTRC e Piano dei trasporti) che configurano un arretrato e incongruente insieme di infrastrutture per la massimizzazione della mobilità automobilistica,  con rilevanti  effetti di dispersione territoriale, inquinamento e consumo di suolo;
  • NO al taglio delle risorse per il trasporto pubblico
  • NO alla privatizzazione delle aziende di trasporto pubblico e alla loro fusione in grandi aziende sempre più lontane dalle reali  necessità della domanda di trasporto locale.

TERRA E AGRICOLTURA

Il tema Terra è legato all'agricoltura. La produzione di cibo riguarda tutti, non solo i contadini, non solo gli imprenditori agricoli, che sono dal punto di vista numerico una minoranza, ma che dal punto di vista dell'economia, degli effetti sul territorio, della qualità della vita di questo paese rappresentano un settore di primaria e vitale importanza: la produzione di cibo.
Il fatto che l'agricoltura sia vista sempre come un argomento settoriale va superato, perché il cibo è un problema che riguarda tutti.
L'agricoltura è pesantemente sovvenzionata, è il primo capitolo di spesa della comunità europea, la famosa PAC (Politica Agricola Comunitaria), che si regge su due pilastri: il sostegno al reddito, e il sostegno alle azioni agroambientali, ovvero i benefici che può portare un modello agricolo piuttosto che un altro.

Al sostegno al reddito, che è di fatto una rendita, va detto definitivamente NO.

• Basta spendere soldi dei contribuenti per sostenere un'agricoltura che (usa in modo massiccio pesticidi, sostenendo chimica di sintesi e metodi che arrecano danno all'ambiente, alla salute, impoveriscono e desertificano i suoli agricoli), non produce nulla di utile per l'ambiente e la collettività, e dove il plus del “contributo” va in tasca ancora una volta all’intermediazione commerciale (prezzi bassi delle materie prime e nessun vantaggio per l’utente finale).

Va detto SI a un'agricoltura che produca servizi per la salute, il paesaggio, l'ambiente. Questa è l'agricoltura che va sostenuta, con il contributo, ma anche con un maggiore riconoscimento di prezzo.

Un altro tema è il lavoro. Si parla delle nuove schiavitù. La filiera agricola che c'è in Italia riserva ai produttori prezzi talmente bassi che difficilmente il lavoro viene regolarizzato. Per le piccole e medie imprese agricole, che magari riescono anche ad impegnarsi in nicchie favorevoli, la cosa è aggravata dall’eccessiva burocrazia che vige in questo Paese. In Italia il costo di un bracciante agricolo è molto più alto che in Austria e Germania, a parità di reddito netto al lavoratore.

Il modello agricolo:

• dobbiamo dire NO all'agricoltura chimico-industriale, quella che sta devastando le colline del trevigiano, il basso Veneto... un'agricoltura che non produce niente di interessante per la collettività, anzi...

• dobbiamo dire SI ad un'agricoltura biologica, biodinamica e comunque rispettosa dei ritmi della terra, che non sia destinata ad una logica di nicchia, ma che orienti tutta la produzione agricola e garantisca redditi “reali”.

• Quindi SI ad un'agricoltura realmente socialmente, economicamente ed ecologicamente sostenibile.

• Riguardi al problema dell'energia in agricoltura: biogas e biomasse. Bisogna dire NO. Il modello, fondato sull'incentivazione coi contributi pubblici, con cui è stata messa in atto nel Veneto, e non solo, questa strategia, è devastante per il lavoro degli agricoltori, per il territorio e per l'ambiente.

SI ad energie pulite in agricoltura che devono avere un rapporto preciso e una relazione con l'attività agricola vera.

NO  all'uso di Organismi Geneticamente Modificati .

NO ad un cibo globalizzato. Dobbiamo sapere da dove viene il cibo, chi lo ha prodotto, cosa ne costituisce il prezzo e favorire le associazioni che preservano i semi autoctoni e ne favoriscono la circolazione;  fare educazione alimentare nelle scuole, confrontarci sul cibo con gli enti locali... Quindi l'atto di consumare il cibo, di alimentarsi, come elemento fondamentale del nostro rapporto col territorio.

• NO agli allevamenti intensivi per l'aspetto etico, salutare e per il notevole inquinamento che producono, nonché per il grande consumo di acqua, di energia e di suolo."

SI ad una gestione dei terreni  che favorisca  la cooperazione giovanile e sociale e contrasti le tendenze al nuovo latifondismo.